giovedì 19 gennaio 2017

IL CARAVAGGIO RUBATO - Teatro Massimo di Palermo



Vado al teatro Massimo per curiosità, danno Il Caravaggio rubato.
Ho già visto il Maestro Giovanni Sollima in un concerto a Milano, l’ho anche visto in Tv, con i suoi 100 violoncellisti, aprire il concerto di Capodanno di qualche anno fa.
Ascoltare un artista di tale livello è a dir poco entusiasmante.
Mi incuriosisce anche il fatto criminoso, il furto del quadro.


L'EVENTO ARTISTICO

Nel campo dell’arte esistono tre categorie di persone: I dilettanti, i professionisti e gli Artisti.
I primi creano opere al disotto delle regole, soddisfacendo il proprio Ego (e forse pochi amici).
I secondi producono opere nel perfetto rispetto delle regole soddisfacendo il proprio Ego e gli addetti ai lavori.
Gli ultimi, invece, producono al disopra delle regole – non fuori dalle regole, ma proprio al disopra, cioè partendo da quelle - aggiungendo, migliorando, magnificando ogni creazione con le proprie capacità fino a creare un’opera del tutto Nuova e con essa nuove regole.
Soddisfano così il proprio Ego, gli addetti ai lavori e pure i profani.
Ecco l’ho detto, se un Artista raggiunge, oltre agli esperti del campo, una moltitudine di profani, allora è certo che rimarrà indimenticabile e indimenticato.
Io sono una profana ed è da profana che vado a vedere lo spettacolo.

La scaletta prevede un monologo del giornalista Attilio Bolzoni, la proiezione di alcune foto di Letizia Battaglia e la proiezione di un cortometraggio di Igor Renzetti, tutto sulle musiche scritte ed eseguite dal Maestro Giovanni Sollima che dirigerà anche l'orchestra.
Per gestire gli elementi di queste arti tanto diverse tra loro, occorre una regia capace di far interagire intelligentemente tutte le opere.
C'era.
Una straordinaria Cecilia Ligorio, regista veronese.
Bolzoni comincia il monologo parlando della nascita di suo figlio, dicendo dei suoi piedi nudi, parla poi della nascita, in latitanza, dei figli di Riina, nati a piedi nudi anch'essi. Prosegue spiegando come, da bambino, gli sia stato insegnato a riconoscere i piedi di "quelli", i mafiosi: scarpe belle e sporche di cantiere.
Parla del giornale L'ora.
Ai tempi del suo arrivo in redazione, la sala, piena di fumo e bottiglie di liquore, era bazzicata dalla Battaglia in carne e ossa e dal fantasma di Mauro De Mauro.
Cita le stragi di mafia, quella di Viale Lazio... quella di Capaci.
" Il cratere di Capaci è troppo grande per una piccola aula di giustizia"
Il coro intona:
Et in Terra Pax homnibus banae voluntatis...

Bolzoni riprende riferendo un aneddoto accaduto a Buenos Aires, durante una lezione di giornalismo dove il reporter Clarin sta spiegando la regola del cinque. Dice che il pezzo deve rispondere sempre alle cinque domande: Chi, come, quando, dove e perché. Dal fondo dell'aula si alza la voce dello studente Kiki: Io non sono d'accordo - esordisce - per noi che siamo nati qui deve sempre rispondere alle domande: Perché, perché, perché, perché, perché.
Citare tutto il monologo non è possibile in un pezzo da blog, ma posso dire che le parole, come una palla da bowling scivolavano sulla corsia del passato, ne scandivano i tempi, quello di Caravaggio, della Natività, della nascita dei bambini, dell'avvento della mafia fino ad arrivare dentro la Palermo con le lenzuola a terra, con il sangue che scappava a fare i rivoli sotto i marciapiedi. Ricordando le madri dei nascituri, dei morti, degli assassini.
Alle spalle del narratore gigantografie in bianco e nero. Raffigurano madri che tengono in braccio, anzi in mano, bambini appena nati. Sono mani importanti, la regia ce le lascia vedere falange per falange, riusciamo a sentirne la forza. Reggono la vita, tanta vita nuova, poi... la morte, asciugano il pianto, accompagnano l'urlo del dolore, reggono foto di chi non c'è più... sparito.
Sono immagini di una potenza infinita.
Letizia Battaglia un Artista che conoscevo solo di nome - che brutta cosa per una palermitana come me.
Imperdonabile non conoscere chi della tua città, ha immortalato tutto, bellezza ed orrore, incidendone le immagini sulla carta fotografica con la stessa intensità di un pittore.
Per me, proprio da questa sera, Letizia Battaglia è il Caravaggio della fotografia.
Tutto piano piano diluisce, chiudendosi con il filmato di Igor Renzetti ci mostra la Palermo di oggi, attraverso gli occhi di chi viene da "fuori". Le vecchie case del centro storico, la porta del Capo, le luminarie, le facce della gente comune. Timidi sorrisi, piccole speranze.

Palermo è pronta a rinascere.

GIOVANNI SOLLIMA E IL SUO
IL CARAVAGGIO RUBATO

Se nel pezzo precedente non ho ancora accennato al Maestro Giovanni Sollima è solo perché non ho le stesse capacità della regista Ligorio e allora le note non so lasciarle insinuare tra le parole e le foto, tra le foto e il filmato. Eppure senza queste musiche tutto sarebbe rimasto meno comprensibile o meglio avrebbe scavato meno dentro la memoria.
So che il Maestro suona un violoncello Francesco Ruggeri fatto a Cremona nel 1679. Per aver letto qualche notizia so che per questo spettacolo ha riscritto il Gloria di Guillaume de Machaut, compositore medioevale. Ne ha ribaltato i ruoli vocali originali ed allargato l'immagine sonora.
Poi ha scelto i sublimi versi di Carlo Gesualdo  da Venosa per raccontare l'assenza.

Beltà, poi che t'assenti,
come ne porti il cor
porta i tormenti.
Ché tormentato cor
può ben sentire
la doglia del morire,
e un'alma senza core
non può sentir dolore.

Potrei aggiungere altri particolari che però i profani come me non capirebbero e allora riferisco dell'unica cosa che ho percepito nettamente, il Maestro Sollima ha creato una musica - lo dice lui stesso - che può essere interpretata liberamente (l'Artista raggiunge così il profano).
A me è arrivata come una melodia poeticamente contraddittoria così come è tutta la storia della mia città.
Con le sue note, il Maestro, ha fatto strada agli eventi: la nascita della Natività del Caravaggio, quelle dei bambini, fino a quella della mafia. Lo ha fatto con passaggi diversi, diversi ritmi. 
Sono passaggi armoniosi, ma anche lugubri, percepisco perfino note nerissime.
Ostentato e incalzante è il ritmo della Mafia, quando uccide senza sosta. Le percussioni hanno tutto il crescendo degli eventi e mentre le foto scorrono sembrano prendere voce e tutto ti entra nel petto e precipiti.
Potrai dire di essere stata lì in mezzo, dietro le corone di fiori che accompagnavano i morti.
I morti nati bambini, senza scarpe, alcuni liberi, altri già latitanti.  

Il Caravaggio Rubato non è un semplice spettacolo teatrale, non avrebbe potuto esserlo con Artisti come Sollima, Battaglia, (eccellenze palermitane), Bolzoni (palermitano di adozione) è un evento artistico-culturale che spero venga riproposto.
Fa ricordare, riflettere, sperare e infine lascia orgogliosi.
Palermo è anche la meraviglia dell'arte.
Al Teatro Massimo è andata in scena stasera.
Palermo 5 marzo 2016

L'EVENTO CRIMINOSO

Il quadro del Caravaggio venne  rubato a Palermo dall’Oratorio San Lorenzo nel 1969. Stava lì da 360 anni e cioè da quando il pittore, fuggito da un carcere maltese - incolpato di avere ammazzato un uomo - venne a rifugiarsi in Sicilia, a Palermo.
Durante la sua latitanza dipinge... dipinge, è quello che sa fare.
Magari è da allora che la latitanza è diventata habitué palermitana.
L'artista - dicevo - crea la Natività, ci sono la Madonna, il bambinello, San Giuseppe, che si vede solo di spalle, e poco vicino San Francesco con il suo compagno di fede, fra’ Leone, poi anche un angelo, il piede che si vede è nudo.
Il furto avviene tra il 17 e il 18 di ottobre. Data imprecisata.
Sebbene già allora il quadro fosse stimato all’incirca un miliardo di lire (oggi varrebbe molto di più) non era custodito da niente e da nessuno.
Il primo giornalista che si occupa del fattaccio è Mauro De Mauro.
Sparirà anche lui come il quadro un anno dopo.
Anche la sparizione habitué palermitana.
Dell'opera non si parlerà più fino agli anni ottanta; i peggiori anni che Palermo abbia mai vissuto.
Ne riparleranno i pentiti di mafia.
Brusca dice che lo hanno rubato i Corleonesi per barattarlo con un alleggerimento del 41 bis.
Marino Mannoia riferisce che manacce sporche lo arrotolarono malamente, come fosse un tappeto, rovinando la tela.
Altri che fu seppellito con i tesori del boss Gerlando Alberti.
Altri ancora che si trovasse in casa del boss Gaetano Badalamenti.
"Fu un atto dimostrativo di potere", dicono pure.
Spatuzza sostiene che la tela fu abbandonata in una stalla in attesa di un piazzamento sul mercato nero. Lì fu rosicchiata da topi e maiali.
Ecco, una stalla, la Natività, magari, l'hanno voluta tenere nell'ambiente naturale che riproduceva.
Il quadro piaceva tantissimo ad Andreotti, anche questo lo ha detto un pentito (ma non riesco a ritrovare l'articolo dove ho letto anche il nome del pentito).
Tante verità, troppe.
E penso che tutte insieme facciano una sola grande bugia.
Il furto, iscritto sulla lista dell'FBI, risulta ancora oggi tra i primi dieci crimini d'arte.
Il mistero rimane ed è tanto interessante che la Sellerio - che della Sicilia e di Palermo in particolare cura ogni memoria - pubblica il libro dal titolo Il Caravaggio rubato - appunto - scritto di Luca Scarlini. Nel libro ne viene citato un altro, Una storia semplice di Leonardo Sciascia, ispirato proprio al furto.
Allo stesso caso viene dedicato ancora un altro libro, scritto questa volta dal giornalista inglese Peter Wtason, pubblicato nell'84. Narra di un incontro con Rodolfo Siviero (agente segreto, esperto d'arte e intellettuale italiano, morto nell'81). Questi pare abbia confidato al giornalista di avere ricevuto la proposta d'acquisto della Natività. L'incontro con i trafficanti è fissato per la sera del 23 novembre del 1980, ma il terremoto dell'Irpinia manda a monte l'operazione.
Oggi all'Oratorio San Lorenzo in Via Immacolatella 3, a due passi dalla Chiesa San Francesco, tra gli impareggiabili stucchi del Serpotta, l'opera è tornata a vivere. Questo grazie ad un progetto di Sky Arte che ha commissionato la riproduzione del dipinto ad un laboratorio specializzato di Madrid.
L'opera realizzata - costata 100.000 euro - è stata donata da Sky alla Presidenza della Repubblica e il Capo di Stato, Sergio Mattarella (eccellenza palermitana anche questa), l'ha donata a sua volta all'Oratorio San Lorenzo, riportando così il quadro, sebbene frutto di tecnologia, al suo posto originario intatto nella sua bellezza. 
Ovunque abbia tenuto, sotterrato o perso il Caravaggio, la mafia non ha dimostrato un atto di potere ma solo la solita ottusa ignoranza.


Adelaide Jole Pellitteri