giovedì 10 dicembre 2015

Il castoro di Jean Paul Sartre


“Sono nata il 9 gennaio 1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati di bianco che dava sul boulevard Raspail. Nelle foto di famiglia  fatte l’estate successiva si vedono alcune giovani signore con lunghe gonne e cappelli impennacchiati di piume di struzzo, e dei signori in panama, che sorridono ad un neonato: sono io.”
A Simone non piacevano i cappelli piumati, dunque; ma preferiva quelli di pelliccia di castoro (a quei tempi gli animali non avanzavano ancora pretese e i loro avvocati avevano ben altro a cui pensare, dopo la guerra di stermini ce ne erano stati a bizzeffe). Crediamo che fosse per questo che Jean-Paul la chiamasse “Castoro” (nell’intimità).
Memorie d’una ragazza per bene fu il primo libro che lessi di Simone De Beauvoir; immaginai che dietro il titolo ci fosse qualcosa di scandaloso che a prima vista non trapelava; quell’incipit mi aveva suggerito un risvolto che poi non ci fu  vi avevo letto dell’ironia che forse c’era, invece, non del tipo che mi ero immaginata: era l’epoca  in cui tra noi ragazzi girava “porci con le ali” (a proposito, che fine ha fatto quel libro?).
 Ci fu invece ben altro; grazie a lei Parigi mi diventò familiare, e la mia insegnante di francese si trovò ad affrontare il fuoco di fila delle mie domande, oltre che le mie insinuazioni su vari autori di cui parlavo come fossero miei conoscenti. Ero grata a Simone per avermi introdotta in quel mondo e le rimasi fedele fino in fondo leggendo molti dei suoi libri: I Mandarini, L’età forte, La forza delle cose, Una donna spezzata, La terza età, A conti fatti,  Quando tutte le donne del mondo..insomma  ero una sua fan, e lo sono rimasta; nonostante ci siano state delle incongruenze nella sua vita che mi avevano fatto vedere sotto un’altra luce le sue prese di posizione sull’emancipazione femminile e su questioni che riguardavano le donne.
Ho saputo dopo che a forzare, diciamo, la sua mano era stato proprio lui, Jean-Paul (non che lei non avesse fatto altrettanto! Anzi, Nella Cérémonie des adieux , De Beauvoir  racconta che tra il 1941-42 ogni mattina lei si installava al Cafè Flore per iniziarsi alla Fenomenologia dello spirito perché sapeva che Sartre scriveva notte e giorno L'essere e il nulla, e che avrebbe avuto bisogno della conoscenza di Hegel e lei lo soccorreva in questa sua “necessità” come nelle altre); lui,mentre la Beauvoir  scriveva “ Il secondo sesso” , la spinse ben oltre i limiti che lei si era imposta e la incoraggiò a fare esplodere la verità mai detta sulla crudele situazione delle donne, la schiavitù, il servaggio femminile, la lotta necessaria per la liberazione e che avrebbe avuto l’esito di sovvertire tutti i vecchi canoni del pianeta.
Lei, come si è visto dopo, avrebbe ceduto su molti campi, soprattutto quello del sentimento; e come una qualsiasi donna avrebbe scelto l’amore passionale che toglie la ragione e che alla fine decide per te.
E’ noto a molti che ad un certo punto  Simone si allontana da Parigi e si trasferisce a  Chicago per realizzare un desiderio. Aveva dunque trovato il suo Professore. Lo accenna appena nel libro I Mandarini e poi lo racconta ne L’età forte.
Appunto è l’età della passione per Simone; la passione per  l'americano Nelson Algren, scrittore anche lui ( poco tempo dopo scriverà ”Uomo dal braccio d’oro”);  è il 1947. Simone è una donna di 39 anni bella e fiorente,  desiderosa di vivere un amore passionale ; lui, Nelson ne ha 38, si incontrano al Petit Cafè del Palmer House, un metro e ottanta, passato da pugile. Si conoscono all'ora dell' aperitivo e la sera stessa sono già a letto insieme. Qualcuno ha definito l’intera faccenda  un orgasmo, il primo(?) nella vita di Simone de Beauvoir.  Lei invece scrive:"Quello che noi sentiamo è veramente l' amore e non una semplice astuzia della carne e del sangue", dimenticando forse di avere scritto: “A Parigi non c’è neanche un uomo che mi dia la voglia di dormire con lui”. Chi l’avrebbe mai detto.  Vengono trovate numerose lettere d’amore per  Nelson; lettere che ci mostrano una Simone molto femminile, che come tante altre donne tenta di mascherare questa sua passione, vuole trasformarla in qualcosa di platonico (sic, Povero Sartre, non se lo meritava; ?)prova dunque a trasformarla in una “relazione letteraria”, come scrive nel libro. Ma chi ci crede?
La realtà è un’altra; lo dimostra il fatto che Simone ritorna una seconda volta a Chicago, dal suo “plus cher marì” ( perché Nelson vuole sposarla ma lei non può lasciare il suo mondo, Sartre, Parigi.  Scrive nelle sue Memorie: "Anche se Sartre non fosse esistito, non mi sarei mai trasferita a Chicago” (sic, dunque Parigi, non Sartre è la ragione del suo ritorno)”. E Algren non avrebbe mai potuto vivere con me a Parigi".  "Parigi e' triste e deserta. Sono tornata in Francia, con Sartre, con gli amici, con i "Temps modernes". Tu devi capire che non resto a Parigi per il piacere, ma perché "debbo" restarci...".
"E' meraviglioso sentire le tue mani, le tue labbra e svegliarsi nello stesso letto vicino al tuo sorriso".

Il rapporto tra Nelson e Simone dura fino al 1960. Un giorno lui la raggiunge a Parigi, ma lei deve partire con Sartre per Cuba. Un viaggio ideologico. Non si rivedono più . Simone muore nel 1986 e pare che lei portasse al dito il cerchietto d’argento che lui le aveva dato come pegno d’amore.


Rosa La Camera