venerdì 30 gennaio 2015

Il fuoco dei giusti - Armenia genocidio negato

Un garofano all’occhiello a dispetto del grigio, della polvere e del pallore della morte. E’ necessario sopravvivere al desiderio di lasciarsi morire, di essere risucchiati nei fossi che tracimano di corpi, di piangere come se fosse la propria ogni madre uccisa lungo strade polverose, o i propri figli e fratelli quelli ammassati come bestiame di ultima scelta in treni scalcinati e fetidi. Ripeto il mio nome, mi ripeto vivi e non dimenticare nessuno dei nomi e a quelli che non sai, dai il tuo. Basterà scrivere: Un popolo sulla lapide, e non sarebbe ancora sufficiente per fare l’appello dei morti.
Porto la mia macchina fotografica ed è faticoso, non è una digitale, siamo solo all’inizio del secolo, ed io sono un uomo armato di buona volontà e qualcuno dirà di coraggio. Sono un uomo, giusto? Saranno altri a sancirlo non sono niente, adesso invece. Sono una mosca sul culo di non so quale Dio. So che per voi è difficile pensare a un signore vecchio stampo che si esprima così. Un prussiano purosangue che si reca a implorare la salvezza per un popolo che non è il proprio, (nessuno può pensare che un popolo gli appartenga e farne ciò che vuole) che pensa di poter dialogare con il Presidente degli Stati Uniti e con quel folle di Hitler, il primo m’ignorerà il secondo cercherà di uccidermi. Percorrere la strada dell’esilio e accettare che nessuna terra ci appartiene davvero, apparteniamo all’idea di giustizia, agli ultimi e al dolore degli innocenti. La verità è negli occhi sbarrati che non hanno capito, nelle donne in ginocchio che implorano per i propri figli, ma la pietà è un sentimento strano, legato a logiche spesso incomprensibili.
Armin T. Wegner

Nel 2015 ricorre il centenario del genocidio del popolo armeno. Durante la prima guerra mondiale tra il 1915 ed il 1916 il governo turco condusse una campagna di eliminazione sistematica della minoranza armena, iniziata dal sultano Abdul Hamid II tra il 1895 ed il 1897. Le ragioni? Le solite: religiose e politiche vennero massacrati circa duecentomila armeni in quello che è stato definito il primo genocidio, su precisa volontà dell’Impero Ottomano. Le organizzazioni indipendentiste armene risposero con atti terroristici, peggiorando ulteriormente la propria posizione. Con il mutamento al vertice di Istanbul, quando presero il potere i "giovani turchi", sembrò che il periodo dei pogrom fosse finito per gli Armeni, ma con la prima guerra mondiale la situazione cambiò bruscamente, e i pogrom si trasformarono da fenomeno locale e sporadico in un organizzato e sistematico massacro. Tra il 1915 e il 1916 vengono infatti uccise circa due milioni e mezzo di persone. Si cominciò con l’eliminazione degli intellettuali, giornalisti , scrittori, coloro che rappresentavano la minaccia maggiore, la cultura ha sempre fatto paura. Poi si uccisero indiscriminatamente i civili, le lunghe marce furono i podromi, del massacro del popolo ebraico avenuto di lì a qualche anno. Armin T. Wegner documenta a rischio della vita, fotografa le lunghe colonne umane di armeni che vanno verso la morte.
Cosa fa il governo turco? La storiografia ufficiale turca cerca di inserire questi massacri all’interno della Prima guerra mondiale, negando un piano specifico di sterminio dell’intera popolazione armena. Nel 2015 a cento cento anni dal genocidio armeno, bisogna ricordare il monito nelle parole di Elie Wiesel – “l'ultimo atto di un genocidio è la sua negazione, la demonizzazione dell'altro, l'antisemitismo e l'armenofobia galoppante, alimentata negli ultimi anni sia dall'Azerbaijan che dalla Turchia, è il segnale che un nuovo genocidio potrebbe ancora compiersi, perché laddove non esiste "memoria", il Grande male può nuovamente affilare i suoi artigli.”
Eppure la Turchia vuol far parte dell’unione europea, e se qualcuno azzarda e dice: ma è un popolo per cultura religione e tradizioni, lontano dalla matrice europea, si corre il rischio di essere tacciati di razzismo, intolleranza, incapacità di accettazione di culture diverse. In realtà noi rispettiamo le diverse identità, e gli altri?
Una corrente di grande ipocrisia attraversa l’Europa, la Germania si oppone all’ingresso della Turchia, ma le motivazioni non sono certo etiche, infatti il capo della diplomazia tedesca in occasione del centenario del genocidio armeno ha dichiarato alla stampa che non esiste certezza storica del genocidio armeno e che la questione va risolta tra Turchia e Armenia.
Armin T. Wegner tedesco di Germania, documentò la marcia verso la morte degli armeni, ma non fece soltanto questo denunciò e non venne ascoltato.
Accadono fatti strani in Turchia, dove Erdogan, il terzo dei gemelli non tanto diversi, (Silvio e Putin) mascherando attraverso il populismo un regime autoritario riesce a mantenere il potere. Nel 2005 Orahn Pamuk nobel, per la letteratura, subisce un processo per aver parlato di genocidio armeno e curdo, La legge turca infatti proibisce di definire tali avvenimenti un "genocidio" (art. 301 del codice penale, "vilipendio dell'identità nazionale"). Il processo è iniziato il 16 dicembre 2005 ma è stato in seguito sospeso in attesa dell'approvazione del ministro della giustizia turco. Una significativa parte dell'opinione pubblica turca si è schierata apertamente contro lo scrittore: qualcuno ha anche ordinato la distruzione dei suoi romanzi nelle librerie. Le accuse sono state ritirate nel 2006 con la motivazione che il fatto non costituisce reato per il nuovo codice penale. Nel 2007 per la stessa ragione è ucciso il giornalista Hrant Dink turco di origini armene, a lui Ferzan Ozpetek regista turco, dedica il film Saturno Contro.
Hasan Cemal, pubblica un libro “1915, il Genocidio Armeno”, non subisce processo, non viene ucciso, perde però il suo posto di lavoro. Passi avanti? Piccoli, altri passi indietro.
E le donne? Cosa è accaduto e accade tuttora? Pare che ad Istambul siano state uccise anziane donne di origine armena, donne ultraottantenni, a chi fanno paura? Al leader, che pensa che limitando il sorriso delle donne con una legge, potrà metterle a tacere?
Antonia Arslan scrittrice e saggista nata a Padova, di origine armena, nel 2004 scrive il romanzo La masseria delle Allodole dove ripercorre la storia del la sua famiglia, sullo sfondo il genocidio e il ruolo delle donne armene, che per quei tempi e rispetto ad altre culture erano fortemente alfabetizzate e hanno così contribuito a salvare non solo i figli ma anche i libri e a trasmettere la loro storia; poiché valevano meno degli uomini e si credeva di poterle piegare e usare, alcune furono risparmiate, costrette a convertirsi obbligate a matrimoni. I bambini di età inferiore ai dodici anni non vennero uccisi, divennero schiavi di turchi, altri invece accolti come figli, ribattezzati con nomi arabi. I bambini dimenticarono, le donne no. Gli scampati alla strage simularono una conversione all'islam continuando in segreto a custodire la propria fede cristiana. Dopo il terribile terremoto del 2011, scavando tra le macerie della provincia turca di Van affiorarono non soltanto oggetti di culto cristiano, ma sotto le case di musulmani d'origine armena furono scoperte delle cappelle.
Dice l'Arslan: “in ogni uomo c'è il massimo del bene e del male. Passo dopo passo si arriva a questi inferni, con una cecità volontaria, che si accomoda alla follia di un governo.” - Prego si accomodi mister Erdogan...

Adele Musso