lunedì 17 novembre 2014

Ogni benedetta domenica

Un telegiornale oggi parla di ultras e disordini legati alle tifoserie. Caos e tafferugli si vedono spesso negli stadi per qualunque avvenimento sportivo, ma vi è capitato di vedere una messa dove l’animazione liturgica viene fatta da nonnette arzille con la passione del tifo… pardon canto? Qualcuno dirà: ma che c'entrano gli ultrà con i vecchietti di un coro? C'entrano eccome…


In molte messe in cui i cori sono costituiti prevalentemente da persone anziane, vediamo che è presente un “Capo”, che non è un organista o qualcuno con chitarra e tamburino, ma una “Ultrà Vecchietta”. Il Capo è colei che sceglie dove far sedere i componenti del gruppo, in base al tipo di voce stridula o stonatura più o meno bassa. Il Capo incarica una delle componenti del coro, la “Facchina”, di prendere raccoglitori, libri, spartiti e quanto occorre per seguire il canto.
Il Capo, prima della messa, parla con “A ‘Ttia chi Soni”, ossia colui che dovrà suonare, per scegliere direttamente lei i canti che dovrà fare. Il musicista ci mette solo le mani, ma il “Genny la Carogna” della situazione decide ciò che si dovrà fare.
Il Capo si occupa anche di controllare i microfoni e il loro funzionamento. A volte si dimentica che sono aperti e inizia a parlare, sparlare, e “spettegulessttare” nomi e cognomi con i componenti del gruppo, tuonandoli per tutta la chiesa.
Per evitare che a qualcuno si sciupi la gola durante i “cori liturgici”, ci si sistema una bottiglietta d’acqua o alcool a fianco e una tovaglietta per asciugarsi, perché la tensione durante quell’ora è tanta ma qualche gargarismo per riscaldare le corde vocali è lecito. Se l’antidoping eseguisse controlli alla tifoserie, risulterebbero tutte positive.
C’è chi ha lo spartito in mano ma legge il testo sotto le note, c’è chi ha il testo con scritte a fianco con la matita “Forte, piano, gridato, m’affirmari”.
Il Capo Ultrà si sistema davanti al coro con le mani alzate, dà cenno all’organista di suonare, e finalmente ha inizio la messa.
Lei dà “l’attacco” alla tifoseria e inizia a gesticolare come un politico durante un comizio. Se durante la cerimonia qualcuno dei fedeli inizia a parlare, il Capo si stacca dalla Curva e inizia a far casino, ordinando di stare zitti durante la celebrazione, poi lei si siede e inizia a sparlare chi ha appena zittito “Vastasa… ma cosi ri pazzi…”.
Nel rito iniziale tutti composti e ordinati a cantare e il Capo è come un vigile che dirige il traffico.
Nelle letture si gesticola e si annuisce, perché ciò che si legge è vero alla luce del comportamento e delle linee guida che devono adottare gli altri nei confronti delle nonnette. Durante la predica del parroco, il coro acconsente e si fa gesti con la testa come per dire “Sì è vero", perché i discorsi non sono riferiti alle tifoserie, ma ai fedeli e loro sono immuni al contesto. Tanto loro il S. Rosario se lo sono già detto, quindi sono esenti da ogni peccato, tafferuglio e colpe.
Inizia l’Offertorio, ma chi si occupa della raccolta non deve permettersi di avvicinarsi alla Curva, pena la reclusione nell’ufficio del prete da 1 a 6 mesi…
Quando ci si scambia il segno della pace è un acclamazione generale: abbracci, baci, strette di mani, pacche sulla spalla, mentre nella recita del Padre Nostro ci si prende per mano e partendo dal Capo si fa la ola per tutta la curva. Inizia la Comunione. Tutti con le mani al petto, cantando il Simbolum 77 come se fosse l’inno di Mameli, con petto all’infuori e stando ben dritti come soldati in parata. Prima di concludere, il prete fa gli avvisi su eventuali appuntamenti della settimana, che il Capo puntualmente annota sul suo taccuino, perché il coro non può permettersi di mancare nemmeno in trasferta. Il rito finale non può non concludersi con ciliegina sulla torta. Il Capo fa un cenno alla Facchina che và a prendere un tamburino e degli aggeggi simili a delle nacchere. Le consegna al Capo che fa un cenno all’organista, si inizia una musica che sembra qualcosa tra un mix del dj David Guetta e la danza del sole degli indiani Indù. E’ il canto finale, il loro Waka Waka di conclusione che chiude la messa della domenica sera. Finisce la cerimonia, tutti si abbracciano e danno pacche sulle spalle al Capo, prova che la curva parrocchiale formata dalle “Irriducibili” nonnette ha fatto bene e anche oggi si possono definire soddisfatte. Con aria contenta ci si dà appuntamento in settimana, quando avranno luogo le prove per il prossimo incontro, per la prossima domenica: un altro tifo, un’altra avventura del coro Ultrà “Nonnette alla riscossa”.

Giuseppe Franzè