giovedì 18 settembre 2014

Una cucina, un monolocale, un figlio

Ho fame mamma, mi dice così mentre mi abbraccia. L'aereo è atterrato con cinque minuti di anticipo, sto a Pisa. Starò qui per un po'. Qui lo spazio conta, tutto ha una funzione sequenziale. Le diverse funzioni delle cose sono realtà. La sedia accostata al tavolo serve per consumare un pasto. Si sposta e si avvicina alla scrivania e comincia il tempo dello studio. Si tolgono i libri, si poggia il PC e ci si collega in giro per il mondo oppure parte la musica. Osservo tutto in veloce sincronia. Ci vuole poco a fare un giro panoramico, giro la testa e gli occhi per circa venti metri quadrati. Tocco confini e limiti. Per volare via guardo il tetto, da lì attraverso una finestra a giorno vedo il cielo e gli aerei che sorvolano la città. Il rombo dei loro motori che spezza il silenzio mi fa compagnia.


L'angolo che preferisco è quello dove ci sta la cucina che sarà la mia cucina per un po'. Qui tutto diventa essenziale a misura di uno per uno. Non si butta via nulla. Mi chiedo se il D'Amato ci definirebbe accumulatori seriali. Usiamo la formula del "può servire"; tutto va conservato fino a nuovo uso. Solo se necessario differenziamo le cose per gettarle nel posto giusto.
Il barattolo vuoto della Nutella ben pulito diventa un porta spezie e dove c'era il pesto ci sta il pepe, al posto della pesche sciroppate trovo il sale, nella latta del caffè lo zucchero. Dopo un attimo di smarrimento iniziale mi metto a lavoro. Stupita in un metro di spazio trovo tutto, pentola, padella, mestolo, forchettone, paletta. Cosa mi manca? Piatti, bicchieri e bicchierini, tazze, tazzine. Forchette, cucchiai, coltelli di tutte le misure. Ci sta persino un tagliere di legno nuovo. Portalo con te, può servire, gli ho urlato mentre lo mettevo in valigia.
Cosa mi manca? Abbiamo anche una caffettiera, la più piccola che io abbia mai visto. Non c'è il caffè ahimè, mio figlio non ne prende. Lo comprerò più tardi adesso preparo un tè per colazione.

Antonella Tarantino